Quando ancora il caldo ci teneva chiusi in casa al fresco dell’aria condizionata, oppure per i più fortunati all’ombra rinfrescante di qualche veranda sul mare, ho fatto un incontro interessante.
Ho dedicato la seconda parte della mia vacanza estiva, infatti, alla scrittura di un paio di saggi in uscita per altrettanti libri (non miei) che vedranno la luce, speriamo nei primi mesi del 2012. In uno dei due mi sono occupato di management, nel solco di un filone di ricerca e di applicazione che mi appartiene da tempo.
Ho fatto una scoperta interessante che riguarda il tema del sense making.
Estraggo dal mio saggio una pagina dedicata a questo tema
Da un po’ di anni vengono realizzate ricerche sulle competenze dei capi intermedi (Balogun, 2003; Rouleau, Balogun, 2008; Rouleau, 2005) che focalizzano con crescente precisione il ruolo fondamentale svolto dai capi intermedi nell’implementazione delle strategie aziendali. Tale ruolo si estrinseca in particolare nell’attività che la lezione di Karl Weick ha definito sense making, (1995). Il sense making è un processo retrospettivo di attribuzione di senso all’esperienza condivisa tra attori che appartengono alla medesima realtà organizzativa. Tale attività di costruzione di un frame condiviso è resa necessaria dalla necessità comunque di costruire una narrazione utile a comprendere cosa è accaduto e perché. E’ evidente che tale azione è diventata sempre più importante negli ultimi anni per la crescente complessità di un mondo in evoluzione tumultuosa ed imprevedibile. I soggetti, menomati dalla possibilità di fare previsioni attendibili, collocano se stessi nell’esperienza ex post, scambiando i punti di vista e narrando i propri vissuti. In definitiva si tratta di un’azione che pone un argine ai processi di perdita d’identità, sia personale che organizzativa, rendendo possibile un miglioramento del benessere e del clima in azienda.
Gli studi citati hanno attribuito al management intermedio un ruolo importante nello svolgere quest’attività con i collaboratori. Infatti i capi intermedi dispongono di una conoscenza operativa in grado di tradurre in modo molto concreto e comprensibile per chi lavora il senso degli accadimenti e delle trasformazioni che caratterizzano l’impresa. L’attività di sense making in particolare si esprime attraverso due azioni tra loro correlate (Rouleau, Balogun, 2008): attivazione di conversazioni e ingaggio dei network. Il primo aspetto riguarda la capacità che i capi intermedi dimostrano di individuare qual è il linguaggio necessario da adottare per collegarsi ai valori, alle logiche ai concetti condivisi all’interno del gruppo. Qualunque argomentazione e tentativo di influenza non può prescindere dall’individuare il linguaggio della “tribù” per far leva su terreni culturali e psichici conosciuti alla tribù stessa.
La seconda importante attività riguarda la comprensione delle individualità e delle coalizioni rilevanti nel sistema. Focalizzarne le diverse caratteristiche rende possibile comprendere come delineare i processi di influenza e costruire alleanze per affrontare un cambiamento. Ciò favorisce la creazione di una mappa in cui si evidenzia come influenzarne i nodi per raggiungere l’obiettivo voluto.
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