Il sapore della rivoluzione

Sono attento alle coincidenze come rivelatrici di trasformazioni possibili. Trasformazioni dal macro al micro. Per chi è capace, vuole e può coglierle.

La faccenda Wiki Leaks è straordinaria. Ho conosciuto il sito ed il suo carismatico fondatore un paio di anni fa attraverso un articolo dell’Internazionale. Si narrava la loro strategia di pubblicare tutto, senza verificarlo, contravvendendo il principio più elementare del giornalismo. Ma come abbiamo capito in queste giorni, quello non è giornalismo, ed è in gioco ora un grande principio che è autenticamente e come mai prima in discussione, che è la libertà informazione.

L’attesa spasmodica da un lato ed annoiata dall’altra del fatidico 14 dicembre, ci consegna l’immagine di un’Italia sclerotizzata, dentro ad un mondo che produce rivoluzioni. O meglio è la politica che è ferma, mentre il resto del Paese si arrangia e sopravvive, in attesa di non si sa bene di cosa. L’onda d’urto dei senza lavoro, onda che sta arrivando, romperà il sogno del dopoguerra e porterà dolore, ma anche nuova solidarietà. L’abulia fine 80 fino a metà degli anni 90 diventeranno un pallido ricordo.

A me capita di vedere sempre di più nelle aziende che frequento come consulente, una frenesia ansiosa verso il cambiamento. La crisi venata di speranza e talvolta di disperazione rincorre nuovi miti e prospettive di sviluppo che si spera salvifiche. Da un lato si taglia via ciò che è inutile e non produce valore. Si è un po’ più spietati anche verso le persone, perché non ci si può permette di sprecare risorse. Dall’altro c’è più squadra, gruppo, sistema, perché ci si dà un mano, e si è compreso che c’è bisogno del contributo di tutti.

Questa situazione apre una prospettiva di ricerca del tutto nuova. Si era detto negli ultimi anni, con il liquefarsi e frammentarsi delle stretture organizzative, che l’azienda non è più in grado di svolgere quel ruolo difensivo dalle ansie profonde, che al contrario svolgeva l’azienda dell’età industriale. Dove vanno finire quelle ansie non più contenute dal ruolo e dalla gerarchia? Ovviamente in giro, liberamente orientate ad inquinare il clima e i sentimenti organizzativi, a generare paranoie, fughe, paure, invidie. Faccio notare al lettore quanto è cresciuto il disagio in azienda in questi anni. Quanto ora si sta peggio in azienda rispetto a 5,10 anni fa?  E’ la crisi? Da un lato sì ma il disagio è aumentato molto prima, ed anzi la crisi ponendo il tema della sopravvivenza, ha molto limitato i danni. Il punto è che il lavoro oggi è assai poco sopportabile e la maggior parte vorrebbe cambiare persino vita  (vedi il successo di Vieniviaconme, che interecetta nitidamente un sentimento collettivo).

Elliot Jaques

Bene quello che secondo me sta accadendo è che ci sono molti nuovi meccanismi difensivi, che contengono quelle ansie. Il fenomeno dei social network (facebook, etc.) eè comprensibile anche grazie a questo. Una mia cara amica di cultura elevata che lavora in un’organizzazione pubblica clientelare, lottizzata e psicotica, impiega un parte del suo tempo libero a chattare su facebook con i colleghi dell’ufficio (a quanto mi dice dopo l’orario di lavoro). Conosco moltissimi esempi di questo tipo. Si stanno creando sempre di più comunità che sostituiscono quelle azienadali. Comunità in cui è possible ritagliarsi dei ruoli, ci sono regole, ci sono figure istituzionali, ci sono leadership e membership. Comunità in cui soprattutto  ci sono persone che hanno voglia di starci, per il fatto che lo scopo è in rete (dove esiste la gratuità) sempre il proprio scopo.

Il fenomeno ha qualche timido riscontro nelle organizzazioni dove sembrano emergere qua e là delle modalità 2.0. Aziende in cui la base (i dipendenti o i clienti) contribuisce nella definizione del compito, attraverso modalità non gerarchiche. Si creano comunità, relazioni trasversali, rapporti tra pari in logica network. Di questo mi sto occupando da tempo e come consulente seguo un paio di aziende che stanno lavorando su questi aspetti.

Io credo che siamo maturi per aggiornare l’assunto di Jaques sulle imprese come meccanismi di difesa dalle ansie primarie. Non sono più le imprese questi meccanismi di difesa. A difenderci dalle ansie c’è qualcosaltro che stiamo costruendo.

Questa è la rivoluzione del XXI secolo.

1 comment to Il sapore della rivoluzione

  • Fabio

    Geniale!!
    E’ la perfetta sintesi di quello che stiamo pensando e vivendo. Congratulazioni!
    Con il liquefarsi delle stretture (geniale anche questo refuso) organizzative siamo liberi di riorganizzarci e decidiamo di farlo nella maniera secondo me più economica (mentalmente parlando). Questo mi è stato dimostrato dal fatto che ho tranquillamente oziato in fb et simili il giorno dopo una colossale sbronza, una delle pochissime attività che sono stato in grado di compiere.

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