Un ponte tra due date simbolo del nostro tempo: il 25 aprile della liberazione dalle truppe nazifasciste e il primo maggio, festa del lavoro. Una settimana dedicata all’ascolto. Di me e del mio bisogno di fermarmi. A riposare, ma anche a pensare al futuro, poiché la velocità, come sappiamo non è solo un moto verso, ma anche un moto “lontano da”. Ci ha pensato il mio corpo ad assegnarmi il compito, inciampando in una febbre inquieta e senza causa, fatta di risvegli notturni e veglie insonni.
Il senso viene in parte svelato da questa immagine, strisciata fuori dalla mia matita, questa mattina.
Lei è lì che aspetta, o pensa. Non lo so. Lei sa che che deve muoversi, darsi da fare. Il tempo la chiama, la responsabilità, il suo progetto. Ma lei ha messo radici e non è così facile. Non è facile stare al passo. Anzi è impossibile. Può alzarsi, far sentire la sua voce, ricevere, visite. Ma non può muoversi. Altrimenti dovrebbe strappare le radici.Le hanno detto, che può farlo, che non morirà, che potrebbero attecchire altrove. Ma, insomma, lei lo ha imparato alle elementari. Le radice sotto, sono estese quanto la chioma, sopra. Strapparle equivarrebbe a buttare una buona parte di se. Non è affatto sicura, che tagliare e ricominciare da capo, sia una buona idea.
Il pensiero svanisce. Ora ha solo gli occhi aperti e guarda davanti a sé.
(Suonano le campane. Un vecchio Papa, è stato beatificato)
che post comunicativo
Cosa ti ha comunicato?
Forse che le piante, coloro che per eccellenza posseggono radici, non mutano ogni anno, ad ogni stagione? E per ogni tempo, una forma diversa, sempre nuova e nel mentre, invecchiano!
Nella velocità, l’illusione di governare il cambiamento. Nel lento pensiero, lo spazio per godere il presente per trasformare il futuro da sorte a destino.
Il corpo ha una saggezza da ascoltare e non ha tante possibilità per parlare….. perciò, urla!!
E noi ridisegnami i confini…….. quale straordinaria occasione!
[…] Questi presupposti stanno venendo meno insieme a coloro che hanno messo radici in quegli anni (una stretta cerchia di ultraottantenni). Con costoro stanno svanendo i riferimenti valoriali, ideologici e culturali che reggono gli assetti istituzionali. Rimangono, come in una sorta di trascinamento, le 'forme' per lo più svuotate, anacronistiche. Il dettato costituzionale, benché rimanga ‘bello e buono’, presenta molteplici incongruenze con la realtà: si ripudia la guerra mentre si combatte in svariati fronti; si afferma il valore del lavoro contestualmente ad una progressiva sua deregulation; si afferma l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge mentre si smantella l’assetto giudiziario. L'ordinamento costituzionale perde la sua intoccabilità e pullulano le proposte e i tentativi di riforma, benché velleitari, maldestri, spesso strumentali. Nella dicotomizzazione di ogni cosa prevalgono due posizioni: la difesa nostalgica e sterile di ciò che è stato rilevante e l’ambizione a cambiare tutto a tutti i costi riuscendo solo ad ottenere lo svuotamento dell’esistente, anzi spesso risultando mera azione di sciacallaggio. Posizioni incapaci da dare valore, che scivolano nella superficialità e nella banalità. È più utile e fruttuoso fare un passo indietro. Avere meno certezze. Provare a riconoscere ciò che è stato e, contestualmente, rimanere aperti e recettivi nei confronti dell’emergente, di ciò che spontaneamente si sviluppa. Provo, nel mio piccolo, a mettermi in questa posizione attendendo i segnali, anche flebili, e predisponendomi ad accoglierli ed alimentarli. Ma soprattutto provando ad amare la realtà, per quella che è. Pubblicato anche su Invito a … Vignetta di Paolo Bruttini […]